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Il viaggio d’istruzione
Tra storia delle università e viaggio d’istruzione: l’evoluzione degli atenei europei riprodotta
a Bologna nel primo Museo Europeo degli Studenti
Il viaggiare per i giovani fa parte dell’educazione; per gli adulti fa parte dell’esperienza. […] Approvo pienamente che i giovani viaggino sotto la guida di un tutore o un domestico serio, purché questo conosca la lingua del paese e vi sia già stato, così che possa indicare loro quali cose siano da vedere nei paesi in cui viaggiano, quali persone debbano conoscere, quali studi o quale cultura il nuovo offra, altrimenti questi andranno con gli occhi bendati e osserveranno ben poco.
In questo saggio On Travel del 1597 Francis Bacon sottolinea la valenza pedagogica del viaggio ed invita i giovani viaggiatori a redigere dei diari in cui annotare tutto ciò che impareranno e vedranno lungo la loro strada. A quell’epoca infatti il viaggio era considerato come un completamento della propria istruzione e sovente il viandante che si accinge a compiere il proprio Grand Tour è un giovane, poco più che adolescente, accompagnato da un tutore (o bear-leader) e talvolta da servitori, ha una adeguata preparazione letteraria e culturale oltre che linguistica sui paesi nei quali si appresta a viaggiare. La scelta dell’accompagnatore era il compito se vogliamo più difficile e delicato per i genitori che si apprestavano a seguire le prescrizioni del tempo ed a mandare il proprio figlio all’estero per un periodo piuttosto lungo. Nella maggior parte dei casi si trattava di scrittori, filosofi, pittori o uomini di scienza, ben felici di poter compiere un nuovo viaggio in Italia.
Il baule dei giovani viaggiatori racchiudeva, oltre agli elementi di prima necessità, alcune guide del paese da visitare, i vademecum, le mappe e gli stradari, volumi tascabili con cartina in cui erano segnalate tutte le stazioni di posta, con le indicazioni pratiche dei cambi, della presenza o meno di dogane, dei tempi di percorrenza e dei costi. Una volta terminati i preparativi, il giovane si metteva in viaggio, pronto a conoscere un altro mondo, un’altra cultura ed a scrivere di essa.
Ma i precursori di questi viaggiatori furono gli studenti stranieri che tra il XV ed il XVI secolo si immatricolarono negli Studia italiani.
La pratica del viaggio d’istruzione, infatti, trovò la sua origine con la fondazione dei primi centri di formazione superiore, quando i giovani appartenenti alle famiglie europee più importanti e più abbienti, intraprendevano, spesso guidati da un precettore, la loro esperienza di viaggio attraverso le principali capitali europee, sedi di tali centri di formazione, spinti dal desiderio di apprendere gli insegnamenti dei maestri più prestigiosi e noti. Il loro obbiettivo non era tanto conseguire specifiche conoscenze topografiche del paese ospitante, tanto meno gli usi e costumi, la lingua o tutto ciò che qualche secolo più tardi attirerà i giovani viaggiatori, sulla scia delle prescrizioni baconiane, quanto piuttosto l’apprendere l’arte e le discipline dei grandi maestri.
Il viaggio nell’Alto Medioevo era intrapreso in particolare da mercanti, soldati e pellegrini, mentre a partire dal ΄200 le strade iniziarono ad essere popolate da questi giovani, grazie all’istituzione dei primi centri di istruzione superiore. Le istituzioni educative che maggiormente attirarono questi giovani furono, in Europa, le Università di Parigi e Bologna.
Per tali viaggiatori, già a metà del XII secolo, l’imperatore Federico I, formulò una protezione giuridica a quanti decidevano di intraprendere una peregrinatio academica, a tutti coloro quindi che si trovavano a viaggiare amore scientiae. Essi godevano di una vera e propria protezione e di privilegi ai quali erano accomunati tutti coloro che viaggiavano nella condizione di studenti o maestri: quello di studente col passar del tempo, venne riconosciuto come un vero e proprio status.
Tali viaggiatori erano per lo più giovani appartenenti a nobili casate, in grado perciò di permettersi dignitosi soggiorni presso le città visitate e scelte in quanto sede di prestigiose istituzioni educative di grado superiore. Il loro viaggio all’estero in qualità di studenti durava per un periodo generalmente compreso tra i due ed i tre anni. Se il XVIII secolo fu il secolo d’oro del Grand Tour, il XVI fu senz’altro il secolo d’oro del viaggio d’istruzione. Con l’avvento dell’età contemporanea cambiò sia il numero di studenti che il modo di viaggiare e la scelta delle mete, ma la pratica rimase ancora in vigore.
Per ricordare questa pratica di viaggio e per conoscerne meglio i tratti, ma soprattutto, per riconoscere alla figura dello studente quel rispetto che merita come elemento fondamentale del mondo universitario, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, il 28 marzo 2009 ha inaugurato il primo Museo Europeo dello Studente: MEUS. Come più antico ateneo europeo che fu sede delle prime associazioni studentesche, le universitates, l’Università bolognese risulta senz’altro il centro più appropriato per questo museo, che si propone di diffondere la conoscenza del mondo studentesco, dalle sue origini ad oggi.
Per la prima volta nella storia infatti a Bologna si unirono gli studenti creando una struttura associativa indipendente, che si autogovernava grazie all’elezione periodica di rettori, anch’essi studenti. Molto interessante è l’idea originaria che dieci anni fa riunì un gruppo di studiosi sotto la direzione del prof. Gian Paolo Brizzi, ovvero quella di riprodurre l’identità dello studente, la sua vita lontano da casa, il suo status di studente, ricostruire il fil-rouge che sottolinea la continuità nella storia degli studenti, sin dalle sue origini, dal suo riconoscimento iniziale ad oggi, ed al tempo stesso ricostruire e ricordare la storia delle singole università in nove secoli di vita universitaria.
Lo studente di cui si tesse la storia all’interno del museo bolognese è proprio colui che nel XII secolo, nasce come nuova figura sociale, a Bologna come a Parigi ed Oxford, colui che nel 1155 riceve dall’imperatore Federico I quel riconoscimento giuridico che costituì la base dei successivi privilegi, concessi da papi, imperatori o sovrani, che ne definirono lo status sociale e giuridico. Generalmente lo studente è un giovane di sesso maschile con un’età che varia dall’adolescenza (per le universitates di arte ad esempio) fino all’età adulta (in particolare per la teologia). Nel complesso comunque lo status di studente è rappresentato da una persona “istituzionalmente giovane”.
Comunemente egli vive necessariamente nelle società urbane, questo per esigenze materiali e intellettuali: furono proprio le città infatti il terreno fertile per la crescita del sapere facilitando tra l’altro l’incontro con altri intellettuali, maestri e studenti di altre scuole con i quali avere uno scambio di opinioni, un confronto reciproco e comune di idee. Nonostante ciò, all’interno delle città gli studenti facevano vita a sé, costituendo una sorta di corpo estraneo, dotato di proprie leggi, norme e privilegi che risultavano estranei al resto degli abitanti ed alle abitudini locali. Per questo l’atteggiamento della città e dei suoi cittadini nei confronti della figura dello studente era piuttosto sospettoso e distaccato, spingendo in tal modo gli studenti a stringersi attorno all’istituzione universitaria, a crearsi una propria forma di mutua assistenza ed avere propri regolamenti interni. Nasceva così una sorta di città nella città: la società di cui faceva parte lo studente, oltre alle proprie regole aveva anche un proprio linguaggio ed un proprio galateo, di cui facevano parte anche tutti i riti di iniziazione delle matricole.
Se pensiamo alla sua condizione socio-culturale, in pratica lo studente era un immigrato, ma il suo far parte di un’associazione studentesca, il suo essere riconosciuto come una figura sociale ben distinta, ha fatto sì che non venisse mai considerato come un deraciné.
All’interno del MEUS queste associazioni studentesche sono ampiamente illustrate, dalle nationes e universitates medievali alle contemporanee Burschenschaften fino alle associazioni goliardiche del XIX e XX secolo e ai gruppi nei quali si frantumò il movimento degli studenti del 1967-68.
Ogni gruppo studentesco ed ogni generazione aveva prodotto i propri simboli e segni distintivi, riproposti oggi all’interno del museo, attraverso varie sezioni che ripercorrono la vita dello studente, l’evoluzione del suo status, la storia delle associazioni studentesche. Esso è articolato attraverso un percorso suddiviso in cinque sezioni, dedicate alla vita quotidiana e alla disciplina intellettuale e fisica, all’ingresso delle donne, alla partecipazione politica, alla goliardia ed alle tradizioni folkloristiche studentesche. La prima sezione “la costruzione dei caratteri identitari dello studente”, ripercorre i tratti salienti della costituzione di questa nuova figura: si comincia con la presentazione del privilegio di Federico I e la storia della creazione e sviluppo di forme organizzative dell’autonomia corporativa degli studenti, organizzazione di gruppi o nazioni, delle università studentesche, dei rituali di ammissione, le pratiche devozionali, la peregrinatio academica. Il tutto in una serie di vetrine a tema. La seconda sezione “disciplinare i comportamenti, gli intelletti e i corpi”, illustra i cambiamenti intervenuti dalla fine del medioevo al ruolo dello studente, sia in rapporto all’istituzione che alle attese della società e del potere politico; la terza sezione ripercorre la storia dell’ingresso della donna nell’università, dalla prima laureata nel 1678 (Lucrezia Cornaro Piscopia, laurea in Filosofia, nello Studio di Padova, al ruolo maggioritario a cui è giunta oggi la presenza femminile nelle università. L’ateneo Bolognese risulta più all’avanguardia perché ha ammesso per primo le donne nell’insegnamento pubblico. La quarta, intitolata “studenti e politica”, illustra l’impegno politico del giovane studente nel corso degli ultimi due secoli. L’ultima, “il folklore studentesco” propone le attività prevalentemente ludiche, promosse dalle tradizionali organizzazioni studentesche europee: giornali studenteschi, pièces teatrali, manifesti, abbigliamenti, copricapo.
I materiali esposti sono stati raccolti negli anni e sono frutto della generosità di numerosi privati sostenitori del progetto e di alcuni acquisti mirati fatti sui mercati antiquari. Si tratta di circa 300 pezzi selezionati tra le migliaia di cui dispone l’Alma Mater Studiorum di Bologna, comprendenti raccolte di oggettistica, abbigliamento, grafica, e poi bauli, lampade, scrittoi, sedie, tavolini pergamene, diplomi, editti, inviti, libretti universitari, programmi di feste studentesche, quaderni, libri amicorum (che testimoniavano la vita associativa degli studenti).
Sicuramente degna di nota la quattrocentesca matricola miniata con il nome di Nicolao Kopperlingk (Niccolò Copernico 1473-1543).
Obbiettivo del Museo è quello di riprodurre l’identità dello studente, questa fondamentale figura simbolo e agente della vita e della storia universitaria, sin dalle sue origini fino ad oggi. All’interno del MEUS si possono infatti consultare anche 200 giornali e periodici nonché un database contenente i dati di oltre quattrocentomila studenti che si sono laureati a Bologna tra il 1380 ed il 2005.
Come più antico ateneo europeo è decisamente importante il fatto che il MEUS abbia visto la luce proprio nella sede dell’Alma Mater Studiorum, in questa città, così simbolicamente ricca di richiami studenteschi.
Raffaella Cavalieri