TRASPORTI ARTISTICI

TRASPORTI ARTISTICI
Quando le opere d’arte si mettono in viaggio

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Dès l’Antiquité, les œuvres d’art ont toujours beaucoup voyagé : l’enquête de Marco Carminati raconte le transport des obélisques égyptiens à Rome, illustre les machines que Léonard de Vinci et Michel-Ange avaient projetées pour les déplacements de leurs ouvrages et relate des difficultés et des dangers qu’une multitude d’œuvres artistiques ont couru dans l’Histoire, des conquêtes napoléoniennes en Italie, aux marbres de Lord Elgin, à l’exploit des expositions mondiales du XXe siècle, qui ont vu certains ouvrages (comme Guernica) subir de véritables tour du monde. Un livre riche en curiosités et en anecdotes, absolument passionnant.

Le migliaia di turisti che a Venezia alzano gli occhi verso la facciata di San Marco e ne ammirano i quattro cavalli bronzei, raramente sono al corrente delle peripezie che i poveri animali hanno dovuto subire nel corso della storia: trasportati da Costantinopoli via mare nella Serenissima all’inizio del Duecento, vennero issati sulla facciata della basilica alla metà del secolo e lì rimasero indisturbati fino all’avvento di Napoleone. Dal 1797 infatti, anno della cessione alla Francia di Venezia, la quadriga non ha più avuto pace: inviati a Parigi l’anno successivo, i cavalli hanno vagato dagli Invalides, alle Tuileries, issati sull’arco del Carrousel per pochi anni, poi fatti scendere, rinviati a Venezia nel 1815, restaurati nel 1903, rimossi in gran fretta nel 1917 dopo la disfatta di Caporetto e inviati dapprima vicino Mantova, poi a Roma in Castel Sant’Angelo, in seguito trasportati a Palazzo Venezia per poi poter ritornare in laguna nel 1919. Ma nel 1942, la quadriga è constretta ad un nuovo trasloco all’Abbazia di Praglia: rimessi al proprio posto alla fine della guerra, dal 1977 al 1981 i cavalli hanno avuto l’onore di un vero e proprio giro del mondo, in una mostra itinerante che ha toccato Londra, New York, Città del Messico, Parigi e Milano. E finalmente, dal 1982 sono ospiti del Museo di San Marco, mentre sulla facciata della basilica hanno preso posto delle copie.

Peripezie come queste vengono raccontate dettagliatamente da Marco Carminati in Il David in carrozza: il volume raccoglie le vicende di diversi capolavori dell’arte italiana e mondiale, dai trasporti eccezionali degli obelischi egizi a Roma fino ai frenetici spostamenti delle opere d’arte in occasione delle mostre del nostro secolo. Carminati si sofferma in diversi capitoli sui diversi tipi di trasporto, che non sono poi così cambiati nel corso dei secoli: i tronchi e i cilindri di legno che gli Egizi e i Romani usarono per spostare gli obelischi, sono gli stessi che Giovanni Battista Belzoni usò nell’Ottocento per spostare la testa di Ramesse II (che oggi ammiriamo al British Museum). I due grandi geni del Rinascimento, Leonardo e Michelangelo, progettarono delle machine in legno, il primo per spostare i monumenti equestri bronzei, il secondo per trasportare il David fino davanti il Palazzo della Signoria a Firenze. E che dire del trasporto a dir poco “miracoloso” della Santa Casa di Loreto! In realtà, gli archivi hanno rivelato che gli Angeli trasportatori erano in realtà i membri di una famiglia di Costantinopoli, che aveva possedimenti in Palestina e che, dopo aver fatto trasportare la Santa Casa in Italia, ne fece dono al Papa (Celestino V): essendo il pontefice assente da Roma, la reliquia venne ricevuta dal Vicario papale, arcivescovo di Recanati, che la fece installare nella propria diocesi.

Ma la grande epoca dei viaggi artistici trovò il suo culmine con la conquista napoleonica dell’Italia: un vero e proprio fiume di opere trafugate dai francesi in tutti i più importanti musei italiani giunse a Parigi. La scelta, l’imballaggio e l’organizzazione del trasporto fu affidata a Gaspard Monge, che fece pervenire le casse nella capitale francese seguendo percorsi sia via mare, sia via terra, sia via fiume su larghe chiatte. Un celebre vaso della manifattura di Sèvres illustra l’immaginario corteo trionfale (che in realtà non avvenne in quel modo), con in primo piano il Laooconte, l’Apollo del Belvedere e i cavalli di San Marco. Ovviamente, la maggior parte di queste opere d’arte prese la via del ritorno dopo il Congresso di Vienna, grazie al certosino lavoro di Antonio Canova, inviato dal Papa in Francia per assicurare il ritorno delle opere d’arte trafugate.

Le guerre hanno inciso in maniera fondamentale sullo spostamento coatto e soprattutto rapido delle opere d’arte. Durante la prima guerra mondiale, i principali musei veneziani (troppo vicini al fronte carsico) spostarono le proprie opere prima a Firenze poi a Roma: l’Assunta di Tiziano passò prima a Cremona poi al Palazzo Reale di Pisa, le statue equestri del Colleoni e del Gattamelata, disarcionate, furono ricoverate a Carceri, vicino Padova, e anche i tesori milanesi di Brera, della Biblioteca Ambrosiana e della Braidense presero la strada di Roma; quanto all’altare d’oro di Sant’Ambrogio, trovò rifugio in Vaticano. Le misure adottate durante la seconda guerra mondiale furono ancora più imponenti: il Prado traslocò quasi interamente dapprima a Valencia, poi in Catalogna ed infine a Ginevra, dove i tesori spagnoli rimasero fino alla fine della guerra civile. Il Louvre fu svuotato di tutti i capolavori: la Gioconda venne spedita a Chambord, la Nike di Samotracia e la Venere di Milo furono imbragate e inviate nel sud della Francia e tele gigantesche come le Nozze di Cana del Veronese e l’Incoronazione di Napoleone di David furono trasportate fuori Parigi su un carro che la Comédie Française utilizzava normalmente per trasportare le scenografie. Quando Hitler giunse a Parigi, il Louvre si presentava come un enorme contenitore semivuoto. In Italia, due coraggiosi funzionari delle Belle Arti, Gian Alberto Dell’Acqua e Pasquale Rotondi, contribuirono in maniera fondamentale al salvataggio di grandi tesori, come i capolavori di Brera (divisi tra Perugia, l’Isola Bella e altre località intorno al Lago Maggiore). Una menzione particolare meritano i cosiddetti bunker di Sassocorvaro e di Carpegna: nelle rocche delle due cittadine marchigiane si ritrovarono concentrate le più importanti opere dell’arte italiana, dalle collezioni urbinati, a quelle dell’Accademia veneziana e della Galleria Borghese, fino alla Pala d’Oro e al Tesoro di San Marco.

Il boom delle mostre ha visto nella seconda metà del XX secolo un turbinio di viaggi di opere d’arte, da una parte all’altra del mondo: la Gioconda ha navigato fino a New York e volato a Tokyo e a Mosca, la Pietà di Michelangelo ha toccato New York, in occasione dell’Esposizione Universale del 1964, la Venere di Milo è stata spedita a Tokyo (viaggio che le è costato diversi danni), ma il record degli spostamenti spetta a Guernica; esposta per la prima volta a Parigi, la tela viaggiò ininterrottamente dal 1938 al 1957: Oslo, Copenhagen, Stoccolma, Göteborg, Parigi, Londra, Manchester, New York, Los Angeles, San Francisco, Milano, Roma, San Paolo del Brasile, nuovamente New York e Parigi, Monaco di Baviera, Colonia, Amburgo, Bruxelles, Amsterdam, Stoccolma, ancora New York, poi Chicago e Philadephia. Quando giunse nuovamente al MOMA di New York, la tela era in gravi condizioni: dopo un accurato restauro, Guernica rimase negli Stati Uniti fino al 1992, anno in cui fece definitivamente ritorno in Spagna, a Madrid.

Accompagnato da una bibliografia finale accurata e molto ricca, Il David in carrozza è un volume assolutamente appassionante: aneddoti, curiosità e ricerche approfondite dell’autore tengono il lettore con il fiato sospeso. Da leggere!

Alessandra Grillo

Quatrième de couverture

A metà strada tra storia dell’arte e avventura, questo libro racconta le più rocambolesche vicende delle opere d’arte in viaggio, a partire dai trasporti eccezionali dei giganteschi obelischi dall’Egitto a Roma, passando attraverso Rinascimento e Barocco, Settecento e Ottocento, fino a raggiungere la contemporanea età delle mostre, segnata dall’incessante e quasi quotidiano spostamento di capolavori da un punto all’altro del pianeta.